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25 Novembre, la lettera di Michela: “Quindi dobbiamo davvero smettere noi di farci picchiare (dal marito)?”

“Vi chiedo di considerare questa segnalazione e di riflettere su come possa essere riformulato il messaggio dell’associazione”

 

La Redazione di Fiumicino Online, in un giorno così significativo, in cui il tema della violenza di genere è al centro dell’attenzione, ha scelto di dare spazio alla voce di una lettrice che ha voluto condividere con noi una riflessione importante. La sua segnalazione ci offre l’opportunità di aprire un dialogo su un argomento che ci riguarda tutti e tutte. Di seguito riportiamo la sua lettera, con la speranza che possa stimolare una riflessione condivisa.

 

Gentile Redazione di Fiumicino Online,

Vi scrivo con la convinzione che, da sempre, dimostriate una grande attenzione alle esigenze dei cittadini e delle cittadine della nostra città. Per questo motivo, sono certa che anche questa mia segnalazione non passerà inosservata.

Non sono più residente a Fiumicino da molti anni, ma porto con me una lunga e dolorosa esperienza di violenza subita, che mi ha costretto ad allontanarmi dalla mia casa molti anni fa. Proprio per questa mia esperienza, mi permetto di segnalarvi una questione che ho trovato particolarmente problematica, notata alcune domeniche fa.

 

Passeggiando al mercatino di Piazza Grassi, mi sono imbattuta nel banchetto di un’associazione che si occupa di violenza contro le donne. Quello che mi ha colpito, però, è stato il volantino distribuito, il cui messaggio mi sembra pericoloso e fuorviante.

 

Lungi da me voler condannare l’associazione, che sono certa svolge un ottimo lavoro sul territorio, ma credo che sia importante fare una riflessione sul messaggio che viene veicolato. Mi farebbe altresì piacere ascoltare anche una risposta sull’argomento, se l’associazione è disponibile.

Il volantino riporta una vignetta che recita:

“SMETTILA DI FARTI PICCHIARE DA TUO MARITO! SE I TUOI FIGLI VEDONO CHE LUI TI PICCHIA CRESCERANNO SENZA FIDUCIA NELL’AMORE”. E prosegue con:“E proprio alle mamme è affidato il compito di insegnare ai figli maschi il rispetto delle donne”.

 

Trovo il contenuto di questo messaggio particolarmente problematico per diverse ragioni.

In primo luogo, sembra suggerire, in modo implicito, che la persona che subisce violenza abbia una responsabilità nel permettere o nel continuare a subire l’abuso, colpevolizzando la vittima. Questo non solo è ingiusto, ma è anche pericoloso, perché ignora le complesse dinamiche psicologiche e sociali che intrappolano le persone in situazioni di violenza domestica.

 

In secondo luogo, l’affermazione che “alle mamme è affidato il compito di insegnare ai figli maschi il rispetto delle donne” è troppo riduttiva e non fa che portare avanti uno stereotipo che opprime da secoli la figura della donna. Il rispetto verso le donne deve essere insegnato da entrambi i genitori, senza scaricare esclusivamente sulle madri la responsabilità di educare i figli in tal senso. Non possiamo dimenticare che i padri, così come le madri, hanno un ruolo cruciale nell’educazione e nella crescita dei bambini.

 

Credo che questo tipo di messaggio rischi di rinforzare stereotipi dannosi e di non offrire una lettura adeguata e sensibile della violenza sulle donne. È fondamentale che un tema così delicato e complesso venga trattato con il massimo rispetto e con una comunicazione che metta al centro il sostegno alla vittima, piuttosto che la colpevolizzazione.

 

Per tutte queste ragioni, vi chiedo di considerare questa segnalazione e, se possibile, di riflettere su come possa essere riformulato il messaggio dell’associazione, per evitare che venga frainteso o che possa fare danni.

 

Mi auguro che anche le istituzioni locali, e in particolare le donne che occupano posti di potere all’interno del Comune, possano prendere in seria considerazione questo tipo di comunicazione e contribuire a un dibattito sano e costruttivo sul tema della violenza contro le donne.

 

Rimango a disposizione per un eventuale confronto e ringrazio anticipatamente per l’attenzione.

Michela.

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