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Isola Sacra, torna allo splendore il Campanile romanico della Basilica paleocristiana di Sant’Ippolito

“Presto un progetto per svelare ed aprire a visite inedito complesso sotterraneo di cisterne e condotte”

  
di Dario Nottola
 
Nuova “luce” a Fiumicino per il Campanile romanico che spicca e troneggia nel complesso archeologico della Basilica paleocristiana di Sant’Ippolito, costruita tra la fine del IV  e gli inizi del V secolo, dedicata al martire portuense. E’ una delle cinque aree archeologiche di Fiumicino e sorge su di un complesso termale d’età romana, le Terme di Matidia, di cui restano ambienti e cisterne d’acqua.  

Dopo un anno di lavori di restauro (a 22 anni dall’ultimo importante intervento), tolte le impalcature, è tornata allo splendore ed alla vista la Torre lunga 25 metri, che si trova in via Redipuglia angolo via Col Moschin, nel cuore di Isola Sacra, non lontano dalla Necropoli di Porto.

L’intervento del Parco Archeologico di Ostia Antica è stato lungo e impegnativo: il Campanile è stato oggetto  di consolidamenti strutturali di carattere sia generale che localizzato, e di un accurato ed esteso restauro dei paramenti murari.  A breve partirà un secondo lotto che riguarderà l’adeguamento impiantistico del complesso,  l’accessibilità sia dell’Antiquarium che della cappella, ed in quest’ultima, il restauro, coordinato dal Funzionario restauratore Tiziana Sorgoni, dell’altare lapideo, dell’affresco raffigurante il martirio di S. Ippolito, patrono del Comune, e delle tre Iscrizioni lapidee laterali.
 
Obiettivo: restituire, dopo alcuni anni, tutta l’area alla piena fruibilità delle visite entro fine 2022.

“Un primo intervento a cui teniamo molto anche per il particolare significato identitario che il luogo riveste per questo territorio – spiega il Direttore del Parco archeologico di Ostia antica, Alessandro D’Alessio – Operazioni che ci consentiranno di restituire l’area alla fruizione e anche al culto, con aperture mirate”.

Ma non solo: “Il Parco Archeologico – anticipa il  Funzionario Archeologo e Responsabile dell’area archeologica, Cristina Genovese – ha in cantiere un progetto scientifico di studio per il pieno recupero e la messa in sicurezza nella parte sotterranea dell’imponente complesso Ipogeo che era destinato alla distribuzione delle risorse idriche, in quel che si ipotizza fosse un vasto quartiere extra Portuense, attraverso un sistema di condotte e cisterne. Sarà un inedito assoluto per le visite al pubblico, seppur contingentate ed in sicurezza”.

Le altre aree principali archeologiche di Fiumicino, i Porti imperiali di Claudio e Traiano (Portus dove di recente i lavori di manutenzione hanno reso più fruibili e visibili i resti archeologici), il Museo delle Navi romane, riaperto ad ottobre scorso, la Necropoli di Porto, vivono ora un “boom” d’interesse “grazie ora all’apertura continuativa, da martedi alla domenica, con numeri incoraggianti di visitatori, nell’ordine di alcune migliaia per Portus e complessivamente, per tutti i siti, circa 10mila in cinque mesi. Ora abbiamo introdotto il biglietto per Portus (6 euro) ed il Museo (4 euro), per affrontare i costi di gestione. Per l’estate arriverà il nuovo Concessionario per servizi e biglietteria”.
 
Per quanto riguarda il complesso delle Terme di Matidia, lungo l’argine del Tevere e fronte via Redipuglia, che però non fa parte della proprietà del Parco Archeologico e che è da considerarsi la quinta area archeologica di Fiumicino,  “stiamo comunque studiando una serie di proposte da sottoporre al Comune di Fiumicino per garantire una gestione/manutenzione del Sito ed una anche sua fruizione  pubblica” conclude D’Alessio.
 
Tornando al Campanile, i cui lavori di restauro hanno vista la direzione dell’Architetto Maria Chara Alati, si è intervenuti sia sul miglioramento statico complessivo mediante il consolidamento delle volte,  l’inserimento di catene, controventamenti e cerchiaggi, sia sui materiali, rigenerando le malte con iniezioni, con risarciture delle lesioni, con ricuciture e imperniature in fibra di basalto e limitati scuci-cuci. Assai impegnativo è risultato anche l’intervento sui paramenti murari, interessati in modo estensivo dall’azione disgregatrice delle vecchie imperniature metalliche, inserite durante i restauri degli anni ’70.
 
I paramenti esterni infatti, già soggetti all’azione del tempo e degli agenti atmosferici, presentavano distacchi, lesioni, fratturazioni estesissime dovute alla presenza, nel corpo della muratura, di un numero enorme di imperniature metalliche annegate nel cemento, secondo tecniche di intervento che oggi riconosciamo come invasive e non compatibili, ma che negli anni 70 erano largamente in uso. Va ricordato peraltro che all’epoca il campanile risultava effettivamente fortemente dissestato, con alcune porzioni sommitali addirittura collassate. Il ferro esposto all’azione meteorica arrugginendosi espande fratturando i materiali.  “Essendo impossibile rimuovere questi ferri,  siamo dovuti intervenire in modo veramente esteso per rallentare il più possibile l’azione di degrado.  Innanzitutto liberando tutte le teste dei ferri, tagliandole e trattandole con sostanze antiruggine e poi rimuovendone gli effetti: risarcendo le lesioni con malte strutturali, rigenerando le malte invecchiate con iniezioni di calce con ottime qualità strutturali e poi con legature, in particolare sui cantonali, con imperniature in fibra di basalto, materiale che risulta estremamente compatibile con il materiale originale.
 
Nessun restauro può considerarsi definitivo – spiega l’architetto Alati – ma siamo persuasi di aver allungato un pò la vita del campanile, conservandolo in condizioni di sicurezza e restituendo queste bellissime superfici, veri palinsesti di materiali,  ricche di elementi  provenienti dagli scavi archeologici delle aree limitrofe”.
 
 

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