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“Ecosistema Rischio”

Legambiente:”nel Lazio il 98% dei comuni è a rischio idrogeologico, ma solo uno su cinque risponde al questionario”

Nel Lazio il 98% dei Comuni presenta fattori di rischio idrogeologico, sono ben 372 su 378 ad avere aree a rischio frane o alluvioni, ma solo uno su cinque (17%) risponde al questionario di Ecosistema Rischio, l’indagine realizzata da Legambiente con la collaborazione del Dipartimento della Protezione Civile. Tra questi soltanto il 20% svolge un lavoro complessivamente positivo di mitigazione del rischio idrogeologico, mentre la maggior parte dei Comuni, ottengono voti compresi tra lo scarso (30%) e l’insufficiente (50%) per le attività di prevenzione e mitigazione del rischio e le attività di protezione civile connesse.
L’87% dei Comuni interpellati ha abitazioni in aree golenali, in prossimità degli alvei e in aree a rischio frana, mentre il 24% ha veri e propri quartieri in tali aree; nella metà (54%) ci sono industrie, nel 17% dei casi strutture sensibili e nel 30% strutture ricettive. Nel 76% dei Comuni si realizzano opere di messa in sicurezza, nel 52% interventi di manutenzione ma solo nel 48% il PAI (Piano per l’Assetto Idrogeologico) è stato recepito nel piano urbanistico. Solo in un Comune, tra le attività di prevenzione figurano la delocalizzazione di abitazioni, mentre nessuno dei Comuni analizzati ha optato per la delocalizzazione di fabbricati industriali.
“Nel Lazio è forte il rischio frane e alluvioni, cresce la consapevolezza di alcuni Comuni ma ancora troppi latitano di fronte a responsabilità difficili per le quali vanno sostenuti anche dalla Regione – ha commentato Lorenzo Parlati, presidente di Legambiente Lazio – non possiamo rischiare tragedie, i cambiamenti climatici portano un inasprimento degli eventi di pioggia e siccità, serve una nuova attenzione per questi temi. Come è stato fatto anni fa per il catasto degli incendi, va messa in campo un’azione coordinata dalla Regione Lazio per attuare gli interventi previsti nei piani delle Autorità di bacino. Le case e le aree produttive nelle zone di esondazione vanno delocalizzate, così come vanno fermati assurdi nuovi progetti in aree a rischio molto elevato, uno su tutti il Porto della Concordia a Fiumicino”.
Tra le attività di protezione civile maggiormente diffuse nei Comuni laziali figurano innanzitutto l’individuazione di aree di accoglienza in caso di calamità COC (61%) e il recepimento del sistema di allertamento regionale (52%); meno della metà (48%), invece, ha adottato un piano di emergenza e sono ancora meno i Comuni che hanno proceduto alla trasmissione del piano (43%); inoltre neanche in un terzo (28%) il piano è stato aggiornato. Solo nel 39% dei comuni vi è la presenza di una struttura protezione civile h24, un terzo ha avviato attività di informazione e sistemi di monitoraggio e allerta, mentre esercitazioni si svolgono solo in un quarto dei Comuni (24%).
“In troppi Comuni le azioni di mitigazione del rischio risultano insufficienti, il lavoro da fare è ancora tanto – ha aggiunto Cristiana Avenali, direttrice di Legambiente Lazio – bisogna tornare a rispettare le zone di espansione naturale dei corsi d’acqua, evitare arginature e interventi sui corsi d’acqua che tendano ad ampliare le zone edificabili, battere il consumo di territorio e la cementificazione selvaggia che sono i veri nemici del rischio idrogeologico. Chiediamo anche un serio coinvolgimento dei cittadini e delle associazioni, sia sul fronte della Regione Lazio che su quello dei Comuni, visto che per prevenire le tragedie è fondamentale far conoscere alla popolazione i piani d’emergenza in modo che i cittadini possano adottare giusti comportamenti in caso di emergenza ed evitare così ulteriori pericoli”.

 
 
 

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