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Lavoro: stop alle delocalizzazioni

Associazione 2punto11:”basta con le delocalizzazioni, il lavoro c’e’, lasciamolo in Italia”

Torniamo a parlare di delocalizzazioni, partendo da ciò che l’Associazione culturale 2punto11 ha scritto nel giugno 2010 sul documento a firma sua e del Foro 753: “la delocalizzazione può essere riassunta con la metafora della ‘cavalletta’. Le cavallette sono le imprese, che attirate da maggiori opportunità di profitto si spostano in sciami lì dove le attraggono condizioni migliori, cioè bassi salari e scarse tutele sul lavoro. Quando il diserbante, rappresentato dalle norme legislative, provvede a proteggere i lavoratori di un certo paese dallo sfruttamento, allora lo sciame si alza in cerca di prede più a buon mercato. È questa la storia della globalizzazione!”
“Quello che abbiamo descritto – prosegue l’Assciazione 2punto11 – purtroppo sta puntualmente accadendo. Negli ultimi due anni infatti la Romania, una delle nazioni che ha maggiormente beneficiato di questo fenomeno, ha subìto un processo inverso di delocalizzazione nei confronti di altri Paesi. Così la Coca Cola ha chiuso gli stabilimenti di Bucarest e Oradea si è spostata in Moldavia, Nestlè la produzione di gelati in Bulgaria, Colgate Palmolive ha puntato verso la Polonia. Il settore del tessile si è spostato irrimediabilmente in Turchia, Bangladesh e Vietnam. Infine la Nokia ha annunciato che chiuderà la fabbrica di Jucu nella contea di Cluj, per continuare a produrre in Asia. In Serbia invece il modello di incentivazione per attirare capitale estero si è rilevato un enorme boomerang. I diecimila euro a disposizione delle aziende straniere per ogni nuovo posto di lavoro creato sono stati elargiti negli ultimi tempi anche ai concorrenti diretti delle aziende già esistenti sul mercato, con il risultato che le fabbriche, private degli incentivi, hanno rapidamente chiuso, causando una perdita di quasi 250 mila posti di lavoro. Unico denominatore comune di questo fenomeno il programma di riduzione del costo del lavoro”.
“Per quanto riguarda l’Italia – sottolinea l’Associazione 2punto11 – le grandi aziende soprattutto di telecomunicazioni hanno intensificato la delocalizzazione delle attività di call center e non solo, all’estero. Altre imprese più piccole di cui abbiamo notizia che hanno intrapreso questa strada; nel territorio bolognese la Kemet Arcotronics che produce condensatori chiude una fabbrica, quella di Monghidoro e produrrà in Macedonia; Datalogic, uno dei leader mondiali nella progettazione e produzione degli scanner per la lettura dei codici a barre a breve porterà la sua produzione di Treviso in Vietnam, Slovacchia ed Ungheria; la Bonfiglioli che produce riduttori meccanici ha annunciato di voler produrre in Vietnam e Slovacchia chiudendo gli stabilimenti; nel territorio trevigiano la GGP Divisione Italia, produttore europeo di trattorini e macchine rasaerba, trasferisce parte della produzione in Slovacchia causando 160 esuberi tra i dipendenti, per non parlare della OMSA di Faenza che da tempo ha annunciato di chiudere lo stabilimento italiano per aprirne uno in Serbia”.
“In Francia le delocalizzazioni hanno assunto il nome di ‘licenziamenti borsistici’, cioè, come spiega un articolo di Repubblica, provocati dalla pressione degli azionisti e da interessi esclusivamente finanziari. Non possiamo che essere d’accordo con questa interpretazione del fenomeno – sostiene l’Associazione 2punto11 – trovandoci nel pieno di una presunta crisi economica, scatenata dalle grandi banche d’affari al solo scopo di destabilizzare l’Europa. I tribunali francesi però sono andati oltre, dichiarando nulle le ristrutturazioni di tre grandi aziende come Sodimédical, Ethicon e Viveo (le prime due produttrici di materiale per il settore sanitario, la terza di software), in assenza di giustificazioni economiche, mettendo così in atto delle vere e proprie norme anti-delocalizzazioni e la parola finale sulla vicenda ora spetta alla Cassazione francese”.
L’Associazione ribadisce che “la battaglia sulle delocalizzazioni in Italia deve passare attraverso una norma legislativa che vieti a tutte le aziende private che negli ultimi cinque anni abbiano trasferito all’estero, in tutto o in parte, proprie attività o servizi, di accedere ai benefici previsti sugli incentivi alle aziende ed all’occupazione, nonché sugli ammortizzatori sociali e tutelare l’enorme mole di dati sensibili dei cittadini italiani che vengono gestiti in altri Paesi mettendo seriamente a rischio la ns privacy e sempre più spesso utilizzati da associazioni criminali per delinquere. In una società dove la grande finanza speculativa ed i suoi uomini governano gli Stati, mantenere un Popolo e soprattutto i giovani nel limbo dell’incertezza di poter avere un lavoro e costruire una famiglia, equivale a tenere costantemente sotto scacco intere generazioni e farle crescere nell’insicurezza, demotivandole e gettandole in vere e proprie crisi esistenziali, che sono poi, il vero problema dell’uomo contemporaneo europeo” ha concluso l’Associazione culturale 2punto11.
 
 
 
 

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