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Morire a 22 anni per sognare una vita migliore

Storia di Ousmane, il migrante morto nel CPT di Ponte Galeria. La sua permanenza era inutile, non sarebbe mai stato rimpatriato


di Roberto Saoncella
 
A distanza di 48 ore dai tragici fatti di domenica mattina presso il CPT di Ponte Galeria, forse è arrivato il momento di provare a fare una prima riflessione. Ma prima ripartiamo dalla cronaca.
 
Domenica mattina alle ore 5 i compagni di cella di Ousmane Sylla, giovane di 22 anni non ancora compiuti, originario della Guinea, trovano il suo corpo appeso al soffitto. Immediati i soccorsi, ma i medici hanno potuto solo constatarne la morte. Ne è seguita una rivolta da parte degli altri ospiti del centro, conclusasi solo a tarda notte con il bilancio di 14 arrestati tra i migranti e diversi agenti di Polizia e Carabinieri feriti.
 
Sono state aperte 2 inchieste da parte della magistratura per fare chiarezza su quanto accaduto, sono state presentate interrogazioni parlamentari ma, come detto, questo non ci interessa. Perché vorremmo provare a riflettere su chi era Ousmane, cosa c’è da sapere di questa vita stroncata nel fiore della gioventù?
 
Davanti a tragedie simili, magari di giovani connazionali, i giornali riempiono pagine raccontando le passioni, gli amori, i sogni, insomma la vita delle vittime. Di lui invece possiamo sapere ben poco, perché nessuno glielo ha mai chiesto, e perché nessuno se ne è mai occupato. Quello che sappiamo di certo, ce lo ha lasciato scritto lui, su un muro della sua cella. Un piccolo autoritratto a penna e sotto un indirizzo, la sua ultima vera casa, “Santa-Angelo à Kassino” (come scrive lui sul muro), ovvero Sant’Angelo in Theodice, frazione del Comune di Cassino nel frusinate, sede di una casa famiglia dove era stato ospitato dopo essere arrivato ancora minorenne.
 
Sotto, ancora a penna, uno sfogo “i militari italiani non conoscono altro che i soldi” e infine un ultimo desiderio “mi manca molto l’Africa, vorrei che il mio corpo fosse riportato a casa, da mia madre”. Gli mancava la sua Africa, la sua casa, che ormai aveva lasciato circa 6 o 7 anni fa, e che da 8 mesi non poteva neanche più sentire, perché nei Centri di permanenza temporanea sono vietati anche i telefoni cellulari.
 
A conti fatti, quindi possiamo solo immaginare, ma a volte può essere utile anche fare questo. Se quanto dichiarato da Ousmane in Italia è vero, ha abbandonato la sua Guinea, in un età compresa tra i 13 e i 14 anni. La Guinea è un Paese dell’Africa sub sahariana, che si affaccia sull’Oceano Atlantico. Ha un reddito pro capite di circa 900 dollari annui, che ne fanno la 168esima nazione in ordine di ricchezza su 193.
 
Dal 2010, a parte una prima parentesi del regime Kondé, ha conosciuto solo golpe militari, sanguinari dittatori ed è perennemente sull’orlo della guerra civile. Ousmane lascia quindi la sua terra proprio in questo scenario, probabilmente nell’inverno del 2016. I migranti provenienti dalla Guinea, in genere iniziano il loro viaggio riuscendo a recuperare per pochi soldi un passaggio fino al confine con il Mali, dove raggiungono a piedi la città di Bamako. Da questo momento sono già dei clandestini, e lo era già anche Ousmané se ha percorso la stessa strada che compiono tutti i migranti per raggiungere l’Europa.
 
La seconda tappa è Ougadougou in Burkina Faso per poi raggiungere il Niger. In media per fare questo percorso, i migranti impiegano tra i 6 e gli 8 mesi, duranti i quali bisogna imparare a conquistarsi tutto, cibo, acqua, un posto per dormire. Non ci sono infatti organizzazioni internazionali dislocate sul percorso pronti ad aiutarli, anche se sei un bambino di 14 anni come Ousmane. Al massimo sei fortunato se trovi un posto in alcuni campi profughi improvvisati, che negli anni sono diventati stazionari.  
 
Qui i migranti arrivano a passare anche 4 mesi prima di riuscire a mettere da parte, attraverso lavori saltuari, i soldi necessari per affrontare la parte più pericolosa del viaggio. Il Niger si attraversa infatti seguendo le vecchie rotte carovaniere attraverso il deserto, che alcuni chiamano “La strada dell’inferno”. Qui è fondamentale avere e proteggere il proprio denaro, per pagare i trafficanti che a bordo di pick-up permettono di superare chilometri di sabbia e sole.
 
L’ultima tappa nigeriana è Madama, poco più che un insediamento militare, ai limiti del deserto al confine nord orientale Tra Niger e Libia. Dopo un anno di viaggio quindi, circa, forse anche Ousmane, ormai quasi 15enne, avrà raggiunto la Libia. Ancora circa 1500 dollari da trovare per pagarsi il passaggio fino alle coste del mar Mediterraneo. Poi bisognerà trovare i soldi per pagare uno scafista e arrivare in Sicilia.
 
Ma tanto c’è tempo. In media infatti, i migranti raggiungono il mare dopo 14 mesi di reclusione in Libia e di torture indicibili. E’ qui forse che Ousmane non ha retto psicologicamente il colpo, come forse possiamo dedurre dalle prime visite all’arrivo in Italia, che ne evidenziano i tratti di una persona aggressiva, scontrosa, forse disturbata psicologicamente.
 
Come arrivi in Italia lo possiamo solo immaginare, è ormai 16enne, forse quasi 17enne e finisce prima a Ventimiglia e poi a Cassino, in casa famiglia. Forse qui per la prima volta ha creduto di essere arrivato, di aver concluso questo suo lungo viaggio, di potersi cominciare ad immaginare una vita. Ma invece è arrivato il Decreto Cutro e la proroga alla permanenza nei CPT fino a 18 mesi.
 
Ousmane viene quindi trasferito a Trapani, insieme a centinaia di altri migranti, senza diritti, senza motivo, senza cellulare per sentire casa. Il 27 gennaio 2024 arriva a Ponte Galeria, ha ormai 21 anni e da 6 è in viaggio. Qui dovrebbe restare ancora un anno, prima di cominciare il calvario per arrivare forse in Francia, Paese dove molti agognano di andare. Ma dopo meno di 2 settimane, sappiamo come è finita.
 
Una permanenza inutile quella di Ousmane e di tanti altri guineani presenti in Italia clandestinamente, nei centri di permanenza. Tra Italia e Guinea infatti, esistono scambi commerciali consolidati da anni. Noi vendiamo loro circa 100 milioni di euro di beni (tra macchinari, abbigliamento, prodotti alimentari e plastici) e ne importiamo soli 7 milioni, soprattutto di pescato e prodotti agricoli. Tuttavia i due Paesi non hanno un accordo per il rimpratrio dei clandestini. Ecco che allora tutto resta solo un numero: al nostro Paese Ousmane è costato circa 6 mila euro solo per l’ultima parte di soggiorno in un centro di permanenza (senza contare gli anni da minorenne in casa famiglia).
 
Se fosse ancora vivo, prima di essere rilasciato, ci sarebbe costato quasi 18 mila euro. Il tutto per poi lasciarlo andare con un “severo” ammonimento e l’obbligo di tornarsene subito e a sue spese, nella sua Guinea. Un gioco assurdo, un costo inutile, o forse il costo che oggi può valere il sogno di una vita migliore.
 
 
 

 
 
 

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