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Scatta l’allarme per il basso fondale del porto-canale di Fiumicino che va dragato con urgenza

La denuncia è del presidente della coop Pesca romana, Gennaro Del Prete

 

di Umberto Serenelli

 

Il fondale del porto-canale di Fiumicino particolarmente basso torna a scatenare le ire della pesca. I lupi di mare sono infatti sul piede di guerra perché continua il ritardo del dragaggio che mette a rischio la navigabilità della flotta più numerosa degli approdi laziali e in pericolo gli scafi dei pescherecci.

 

Gli armatori sono infatti alle prese con i detriti adagiati sul letto del fiume che provocano quotidianamente danni alle eliche e alle carene.

 

“Non passa giorno che i comandanti non debbano fare i conti con i rifiuti che bloccano il movimento delle eliche chiedendo l’intervento dei sommozzatori – precisa Gennaro Del Prete, presidente della cooperativa Pesca romana – A giugno abbiamo ricevuto garanzie degli interventi di escavo che non sono ancora stati effettuati e siamo preoccupati perché andiamo verso la brutta stagione. Al centro del fiume ci sono poco più di 3 metri di fondale quando dovrebbe essere almeno di circa 4,5-5 metri. Lungo le banchine, dove abitualmente ormeggiamo, non si supera i 2,5 metri. Con l’assenza di piogge le cose stanno precipitando e dobbiamo far ricorso a alcuni accorgimenti per poter navigare in tranquillità”.

 

Gran parte delle imbarcazioni adibite alla pesca a strascico sono infatti costrette a limitare il rifornimento di carburante, riempiendo solo la metà dei serbatoi per non appesantire ulteriormente l’imbarcazione. Hanno problemi anche i grossi rimorchiatori della Semarpo che supportano le operazioni di scarico delle petroliere alle due boe antistanti la costa di Fiumicino.

 

Difficoltà vengono segnalate dai gusci a vela in pericolo soprattutto durante le operazioni di uscita e rientro. L’altro grido d’allarme viene lanciato dagli operatori sulla pericolosa “barra” di sabbia alla foce.

 

 

“Non dobbiamo farci ingannare dai lavori in corso per costruire la nuova darsena dei pescherecci – aggiunge Del Prete – Prima del trasferimento di tutti gli operatori portuali nel moderno approdo dobbiamo ancora attendere minimo 2 anni. Intanto, gli armatori continuano a subire danni agli scafi con il conseguente disagio di dover sborsare denari per questi interventi. Forse dovremmo girare il pagamento delle fatture all’Autorità portuale visto che è l’ente a cui è demandato il compito di decidere sull’escavo e sulla sistemazione di alcuni tratti di banchina inagibili da tempo”.

 

Il riferimento più evidente riguarda il cedimento di una serie di pesanti lastroni in granito, a pochi metri dalla passerella, che formano il ciglio interno del fiume e dove sono incastonate le bitte per l’attracco dei natanti.

 

 

“È trascorso un anno e la zona è ancora transennata: dei lavori di sistemazione neppure l’ombra – conclude Del Prete – eppure questi spazi sono operativi per la pesca che sistematicamente se ne deve purtroppo privare. Alcune zone sono sprofondate rappresentano una trappola per gli imbarcati. La pesca e il suo indotto rappresenta una grossa fetta dell’economia di Fiumicino ma c’è chi continua a considerarci di serie B”.

 

 

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