A parlare è l’Appuntato dell’Arma dei Carabinieri, Giovanni Morelli
Premessa… La Costituzione della Repubblica Italiana è la legge fondamentale e fondativa dello Stato Italiano entrata in vigore il 1° Gennaio 1948. Essa strutturata da ben 139 articoli, ove adesso mi è interesse citarne uno in particolare l’art. 21 il quale cita “ Tutti hanno diritto di manifestare il proprio pensiero con la parola, lo scritto ed ogni altro mezzo di diffusione, sono vietate le pubblicazioni a stampa, gli spettacoli e tutte le altre manifestazioni contrarie al buon costume. Premetto ancora di dover citare l’art. 9, legge. n. 382/1978, la quale afferma esplicitamente che i militari possono liberamente pubblicare loro scritti, tenere pubbliche conferenze e comunque manifestare il proprio pensiero con l’unico limite costituito dagli argomenti a carattere riservato, di interesse militare o comunque di servizio, per la trattazione dei quali deve essere chiesta espressa autorizzazione. Visto che, questo mio libero pensiero, non tratta argomenti militari o relativi al servizio, bensì, strettamente personali, ove riguardano il mio coinvolgimento in una vicenda giudiziaria conclusasi giorno 7 Marzo 2012 con un patteggiamento, mi è doveroso chiarire alcuni elementi stravolti dalla cronaca e dalle informazioni giornalistiche, visto che la mia privacy e riservatezza sono state esposte tese ad additare ancor prima della lettura della sentenza già colpevole di reati a me mai associati e descritti in maniera poco professionale. Premetto ancora che il patteggiamento è stata una strategia difensiva, la quale comporta la rinuncia a far valere le proprie difese a favore di una molteplicità di benefici come quello della pena sospesa, della non applicazione delle pene accessorie, del mancato pagamento delle spese processuali e della estinzione della pena una volta che, senza commettere più delitti, siano passati cinque anni dalla sua applicazione se si tratta di delitti, e di due se si tratta di contravvenzioni. Altro beneficio è quello di evitare danni derivanti dalla lunghezza di un rito ordinario e della pubblicità negativa del dibattimento ed inoltre evitare i rilevanti costi economici che comporta la difesa tecnica. Per questi motivi la scelta del patteggiamento evita il protrarsi dell’azione penale in annose vicende giudiziarie con esito incerto. In sostanza l’Istituto si fonde su un incontro di convenienze. La sentenza di patteggiamento, non contiene un approfondito accertamento delle responsabilità e pertanto non può dirsi che detta sentenza abbia le caratteristiche proprie di una sentenza di condanna, stante la carenza di quella piena valutazione dei fatti e delle prove che costituisce il giudizio ordinario, la premessa necessaria per l’applicazione della pena. Il riconoscere di non possedere elementi utili, allo stato degli atti, per dimostrare l’insussistenza del reato equivalente ad un riconoscimento della propria colpevolezza. Le conclusioni della Cassazione sono sostanzialmente condivise dalla Corte Costituzionale, secondo il quale il profilo prevalente “negoziale” della sentenza di patteggiamento e la conseguente carenza di quella piena valutazione dei fatti e delle prove che impedisce di attribuire alla pronuncia la natura di decisione di condanna. Sono giunto a Fiumicino per lavoro quale appartenente all’Arma dei Carabinieri esattamente a 22 anni, cresciuto in questo territorio mi sono ambientato come fosse la mia città d’origine e sono stato accolto ben volentieri dalla popolazione riscuotendo tantissima stima. In questi anni di attività lavorativa, ricoprendo un ruolo fondamentale per la sicurezza del territorio, assieme ad un cospicuo gruppo di colleghi, ho vantato di numerosi encomi ed elogi per la sensibilità dimostrata con la popolazione stessa. In questi anni di permanenza sul territorio, chiunque abbia avuto modo di conoscermi personalmente, sia privatamente che professionalmente, ha potuto sempre constatare la mia disponibilità di aiutare, consigliare, trovare soluzioni per varie problematiche, linea telefonica privata istituzionale sempre aperta a tutti in qualsiasi orario del giorno e purtroppo anche della notte, nonché far trovare conforto in situazioni di estremo disagio sociale e familiare, trovando un portone sempre aperto anche fuori dall’attività lavorativa. La vicenda iniziata il 5 Novembre 2010 mi vedeva colpito da ordinanza di custodia cautelare con provvedimento di restrizione agli arresti domiciliari e gran parte delle testate giornalistiche locali e nazionali ne davano notizia, chi, con attribuzione di colpe di far parte della banda capeggiata dall’ex campione di pugilato Mauro Galvano, chi, con fatti estranei alla banda, facendo in tal modo suscitare comunque insano dubbio nel lettore. Peraltro le varie notizie venivano rese pubbliche con Nome, Cognome e Reparto di Appartenenza, incuranti del fatto di ledere una figura di un uomo appartenente all’ Arma dei Carabinieri, esponendolo alla nuda notizia, quando, peraltro, per notizie ancora più futili, i dati relativi alla persona coinvolta in una notizia di cronaca, vengono riservati con le iniziali del proprio nome e cognome; che negli anni antecedenti alla vicenda godeva di stima e fiducia della popolazione nel territorio in cui prestava servizio nonché nelle figure dell’Istituzione locale; incuranti del fatto che lo scrivente abbia una vita privata ed un figlio minore che attualmente vive nell’hinterland romano, che porta il cognome del padre, a conoscenza che il proprio padre espleta la funzione di Carabiniere in quel medesimo territorio, nonché in grado di leggere, scrivere e comprendere ogni qualsivoglia notizia anche recepita per pura casualità. Questo modo di fare giornalismo l’ho trovata come una grave mancanza di rispetto per tutto ciò che ho prodotto in undici anni di presenza costante sul territorio, fiducia acquisita dalla popolazione, dai conoscenti e amici nonché colleghi e risultati accertati a livello professionale. Dopo ben quindici giorni dall’emissione dell’Ordinanza di custodia cautelare nessuna testata giornalistica ha evidenziato il fatto che lo scrivente mediante ricorso al Tribunale del Riesame gli è stata completamente annullata l’Ordinanza stessa da cui era stato colpito avendo così patito una misura ingiusta e liberandolo senza alcuna misura alternativa dalla restrizione degli arresti domiciliari. Ho potuto solo constatare che sempre gli stessi giornalisti hanno prodotto notizie del rinvio a giudizio nel mese di Giugno 2011, peraltro atto doveroso dell’iter giuridico al termine delle indagini preliminari mettendo come titolo principale “mandato a giudizio”, menzionando una frase tendente a significare per il lettore che ignora conoscenze giuridiche come se fossi stato mandato al patibolo, quindi facendo presa su scoop di cronaca con frase popolare. Infine, il giorno successivo alla lettura della sentenza, mi vedo descritto come ex appartenente all’Arma dei Carabinieri, con dicitura “l’allora Carabiniere Morelli Giovanni” neanche giustificabile con il grado in quanto “allora” ero Appuntato come lo sono tutt’ora e tutt’ora ancora abile arruolato, con una mera evidenza di ignoranza da parte del/della giornalista di avere notizie appropriate e/o quantomeno vicine alla realtà; in un altro articolo impegnato nel pagamento di 1800 euro quando sono da attribuirsi al Galvano e non allo scrivente; di aver ottenuto il beneficio della pena sospesa come fosse una concessione elemosinata quando viene concessa per diritto nel patteggiamento; di aver ancora dato informazioni di notizie riservate e/o indagini al Galvano, notizie peraltro dell’accusa espresse nell’Ordinanza annullata dal Riesame ignorando in questo modo la consistenza delle notizie fornite durante l’interrogatorio di garanzia riferite in verità. Si è scritto sul mio conto che davo informazioni alla banda come se io ne facessi parte, quando i rapporti diretti erano solo ed esclusivamente con il Galvano con esclusione degli altri indagati, nonché le informazioni fornite al Galvano sotto forma di consigli sono stati dati in amicizia ed in buona fede mai tendenti ad approvare eventuali atteggiamenti intimidatori tantomeno per far arricchire lo stato patrimoniale del Galvano. Qualora queste informazioni sono state eventualmente utilizzate per altri scopi diversi dai consigli utili al quieto vivere, lo scrivente non ne è mai stato a conoscenza. Questi pugni giornalistici a mio parere hanno offeso la morale e la dignità di una persona che a mio parere sono stati più forti (se vogliamo restare in tema di pugilato) dei pugni che il Galvano ha sferrato nei suoi anni di professionismo sul ring. La penna giornalistica, di piccole dimensioni, anche se ridotta nella mano di un uomo o di una donna, in questo caso specifico ha prodotto lesioni permanenti sulla vita privata e professionale di un uomo. Ci vogliono pochi minuti di scrittura ed una breve pubblicazione su testate giornalistiche per abbattere anni di orgoglio, lavoro, di sacrificio e quant’altro di buono che un uomo abbia messo a disposizione della giustizia e della legalità. Questo vuole essere il mio primo ed ultimo sfogo a chiusura di una vicenda già fin troppo pubblicizzata male da parte di giornalisti poco professionali. Sarebbe un lavoro alla pari, scendere nel loro livello infimo, mettermi in discussione, additando come hanno fatto loro, citando testate giornalistiche e giornalisti che hanno commesso quanto pronunciato. Significherebbe per me, spolverare con una mano una duna di sabbia che è stata gettata coprendomi completamente. E’ stato costruito un castello di sabbia intorno a me ed allo stato attuale non sono a conoscenza del perché di tutto questo. I miei vani dubbi li conserverò dentro di me e me li porterò come bagaglio di esperienza nella mia vita senza citare errori, mal interpretazioni da parte di terzi e cattiverie scritte e descritte a mia insaputa per nascondere un castello di cemento dietro di me che non poteva essere portato alla luce. Comunque, con questo mio scritto chiedo scusa al Sindaco di Fiumicino ed alla cittadinanza per aver macchiato questo territorio che ho difeso per diversi anni con impegno, professionalità, che mi ha accolto con benevolenza, per fatti di cronaca che hanno evidenziato notizie tipo “bolle di sapone”, che hanno macchiato anche la mia personalità e vita privata. Questa sola ed ultima volta, per mia volontà, mi firmo pienamente con Grado, Cognome e Nome, perché lo voglio Io e non perché sono stato additato senza scrupoli.
Lettera inviata da: Giovanni Morelli, Appuntato dei CC