Calicchio:“interporto romano, si rende necessario che l’amministrazione comunale e la Regione Lazio diano risposte immediate”
“Negli ultimi tempi vari media si sono occupati dello stallo dei lavori dell’interporto. Ci sono stati errori di progettazione, vero: i capannoni sono stati realizzati su terreni argillosi e alluvionali, tanto da far sprofondare alcune strutture. Cambi di convenzione, stralci di opere viarie e ferroviarie e quant’altro lo hanno poi reso quello che è oggi: una cattedrale nel deserto. Errori imputati alla giunta di centrosinistra e cavalcati dal sindaco e dalla sua maggioranza nove anni fa” ha dichiarato il consigliere comunale del Pd, Paolo Calicchio.
L’ultimo atto del lungo iter all’inizio del 2009: l’ennesima proroga e variante alla convenzione, a causa dei problemi di viabilità di quel quadrante imputabili ai ritardi del finanziamento sulla Roma-Civitavecchia. “Delibera votata anche dal gruppo del Pd in consiglio in nome di una continuità amministrativa oramai e purtroppo necessaria – sottolinea Calicchio – pur consci che i ritardi erano e sono tutt’ora da addossare per intero alla cattiva gestione dei fondi Cipe da parte del Governo Berlusconi e Tremonti”.
Per Calicchio l’interporto romano “continua a essere strategico dal punto di vista ideale, che da quello occupazionale ed economico”. “Ma – dice – resto comunque fortemente perplesso e critico su come, negli anni, sia stato gestito il rapporto politico e amministrativo con gli imprenditori titolari di quella opera privata di interesse pubblico. Una politica locale, di destra e di sinistra troppo succube alle esigenze dell’imprenditoria romana piuttosto che alle esigenze dei cittadini e della collettività del territorio. E quella cattedrale nel deserto ne è il risultato. Ma il punto politico è un altro: in tutti questi lunghissimi 9 anni cosa ha fatto il centrodestra locale per raddrizzare la situazione? Perché invece di cambiare rotta come promesso si è limitata a una gestione dell’errore senza rimediare a quanto aveva criticato? Proseguire e perseguire negli sbagli altrui è un alibi oppure equivale a sbagliare anche di più di chi quell’errore lo ha commesso? Qual è la differenza tanto sbandierata da Canapini e soci? E cosa è successo per far cambiare idea a chi sembrava così pieno di critiche?”
“Il tema vero – continua il consigliere del Pd – di quella che deve divenire un nuovo modo di fare politica, senza rimanere schiacciata dal populismo e dall’anti politica, è molto semplice: evitare di proseguire sugli errori altrui perché fa comodo. Mettersi in gioco. La vera alternativa oggi parla linguaggi diversi; la tutela del territorio per esempio, come pure l’interesse del cittadino e la sua qualità della vita; Il lavoro. Ma anche il rigore amministrativo e morale nella ricerca quotidiana della giustizia sociale e del’uguaglianza dei cittadini nei confronti dei diritti stessi. Questo, a mio avviso, dovrebbe essere il nuovo manifesto politico delle future generazioni politiche, all’indomani del crollo delle ideologie” ha concluso il consigliere comunale del Partito democratico di Fiumicino, Paolo Calicchio.