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“Nome in codice Siegfried”

La storia ai confini della realtà di Adriano Monti


di Gianluca Zanella

È uscito il 30 giugno il libro di Adriano Monti e Alessandro Zardetto, “Nome in codice Siegfried”, per i tipi di Chiarelettere. Alessandro è un giovane giornalista de “Il Fatto Quotidiano” e editor presso Chiarelettere, ma soprattutto è un’eccellenza del nostro territorio, poiché è nato e cresciuto a Fregene, dove tutt’ora risiede. Già autore dei libri-inchiesta “L’Aquila 2010 – il miracolo che non c’è” e “H2oro”, nel 2014, tramite una fonte riservata viene in contatto con l’ottantaseienne Adriano Monti, medico originario della Toscana ma residente a Rieti da molti anni. L’incontro con il distinto signore dall’accesa parlantina e dal look impeccabile, ha creato il presupposto per la stesura di questo libro a quattro mani. Ma chi è Adriano Monti? Difficile dirlo con certezza. Di certo c’è l’arresto, nel 1974, per il coinvolgimento al Golpe Borghese del 1970, una storia torbida all’italiana, per la quale l’uomo ha pagato il suo debito con la giustizia.
 
Quando nel 2005 “La Repubblica” pubblicò un articolo riguardo alcuni documenti desecretati dalla Cia, il suo nome comparve tra quelli delle persone coinvolte in questo tentativo di sovvertimento politico, ma non solo. Il nome del medico reatino fu inserito anche tra quelli degli agenti segreti della Rete Gehlen, una sorta di braccio europeo della Cia, che nel secondo dopoguerra utilizzò soprattutto ex nazisti in funzione anti-comunista.
 
Un fulmine a ciel sereno: La Rete Gehlen è ancora oggi una delle organizzazioni più misteriose della nostra storia recente e mai prima d’ora qualcuno dei suoi appartenenti aveva mai vuotato il sacco. Se poi specifichiamo che la famiglia di Monti era completamente all’oscuro di tutto, possiamo ben capire quanto quell’articolo abbia sconvolto le loro vite. Preso d’assalto dai giornalisti, Adriano Monti in quel lontano 2005 rilasciò solamente una breve intervista per il programma di Giovanni Minoli “La storia siamo noi”, in cui parlò esclusivamente della sua partecipazione al tentato golpe a fianco di Valerio Junio Borghese. Nessun accenno alla sua appartenenza alla Rete Gehlen, in cui ha militato per quasi mezzo secolo con il nome in codice di Siegfried; almeno fino all’incontro con Alessandro Zardetto.
 
Spinto dalla volontà di lasciare ai posteri la sua incredibile testimonianza, il medico reatino ha consegnato a Zardetto tutto il materiale in suo possesso: memorie, lettere, documenti, con il proposito di farne un libro. È uscito fuori qualcosa di sorprendente: “Nome in codice Siegfried” racconta la storia d’Italia vissuta dietro le quinte; con Adriano Monti/Siegfried, il lettore entra in punta di piedi nella famosa «stanza dei bottoni» della Guerra fredda, osserva i fatti da un’ottica diversa da quella che si trova nei libri di storia, conosce i retroscena più inquietanti della politica e degli anni di piombo, tra complotti, omicidi e tentativi sovversivi sventati.
 
Arruolato volontario nelle SS internazionali a 15 anni e in seguito catturato dai partigiani, Monti conosce in campo di prigionia un generale tedesco della Luftwaffe, che negli anni successivi lo ricontatterà, proponendogli di partecipare attivamente alla celebre “Operazione Odessa”, la fuga dei nazisti dall’Europa verso l’Argentina. A seguito di questo suo coinvolgimento, il giovane Monti, che nel frattempo si è trasferito a Roma per frequentare la facoltà di medicina, viene a contatto con alcuni personaggi, primo fra tutti un uomo del Vaticano, ed in poco tempo entra a far parte di quello che ancora oggi è uno dei servizi segreti meno conosciuti al mondo. La sua professione di medico gli ha concesso una copertura perfetta, negli anni Monti ha attraversato le zone più calde del mondo: è stato in Egitto all’alba dello scoppio della Guerra dei sei giorni, è stato nei campi di addestramento di Al Fatah in Palestina, si è trovato al confine con il Mozambico, quando fu arrestato dai soldati cubani che lì combattevano la guerra civile al fianco dei comunisti, è stato in Croazia durante il conflitto contro la Serbia, e poi Roma, crocevia internazionale di spie, Parigi, Madrid, dove ha conosciuto il principale referente della Rete Gehlen: Otto Skorzeny, l’uomo che liberò Mussolini dalla prigione sul Gran Sasso.
 
Storie di una vita fuori dall’ordinario, raccontate da Monti e scritte da Zardetto in un libro che merita di essere letto tutto d’un fiato.
 
Segnatevi questa data: 19 luglio. Alla Casa della Cultura di Fregene ci sarà la presentazione del libro e l’incontro con i due autori. Un’occasione imperdibile per trovarsi faccia a faccia con un vero agente segreto in pensione e fargli qualche domanda. Starà a voi capire se vi dirà la verità o se farà il doppio gioco.
 
 
 
 
 
 

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