Aneddoti, vicende e curiosità della storia più contemporanea del territorio di Fiumicino
di Roberto Saoncella
Era più o meno la fine di giugno di 93 anni fa quando, quasi al tramonto, un gruppo di una dozzina di omaccioni entrarono come sempre nel cantinone dei Targa su via Torre Clementina, allora ancora viale Garibaldi.
La scena era abbastanza normale, ogni giorno a fine turno, infatti, i portuali si fermavano a bere qualcosa. Quella sera però era diverso, in ballo c’era la discussione del proprio destino lavorativo. Di li a poco, infatti, il 29 settembre 1931, con regio decreto, dodici di loro diedero vita alla “Compagnia Tevere fra lavoratori portuali di Fiumicino”.
Il loro ruolo era quello di caricare e scaricare le navi che non potevano più entrare nel porto canale. Fino alla fine degli anni 40, le principali voci di movimentazione erano vino dalla Sicilia, legname dalla Jugoslavia, formaggio, sale e granito dalla Sardegna, marmo da Carrara e soprattutto carbone da Stati Uniti, Urss e Gran Bretagna. Le cose cominciano a cambiare negli anni ’50. Il vino cominciò ad arrivare su Anzio, mentre i materiali per costruire si fermavano a Civitavecchia. Anche il carbone era sempre meno usato.
Anno dopo anno il petrolio e i suoi derivati cominciarono a prendere il sopravvento. Ogni giorno 3 bettoline facevano avanti e indietro tra la torre piloti e le boe a largo, per scaricare anche 5 mila tonnellate di greggio quotidiano. Queste novità cambiano il paesaggio di Fiumicino e nascono i primi depositi costieri della società Bertani (molo sud, dove oggi c’è piazzale mediterraneo) e della società belga Purfina (molo nord lungo via della Pesca).
Fiumicino e i suoi portuali sembrano destinati ad un futuro petrolifero, ma nel 1961 a 3 miglia dalla foce del porto canale, viene posizionata la prima manichetta per lo scarico diretto del carburante. Nel 1966, questa viene trasformata in una vera e propria piattaforma a quasi 6 chilometri dalla costa, dove il fondale raggiunge i 20 metri, e dove possono attraccare anche petroliere da 50 mila tonnellate con qualunque condizione meteorologica.
I lavori dei portuali proseguono attivamente fino a metà degli anni ’80, riducendosi poi progressivamente. Quel lavoro di fatica dei primi soci viene ancora oggi, in maniera minore, portato avanti da altri soci o dai figli di alcuni di loro. Tucciarone, Pasquini, Sangermano, Ceccarelli, tutti uomini meglio noti per il proprio soprannome che per il cognome: spaghetto, trombone, brugnoletto, pippa d’oro ecc.. Ricordi, la cui memoria è rimasta documentata anche grazie ad un altro uomo, Artaserse Targa, nipote del proprietario del cantinone che, proprio per l’affetto verso quelli uomini che da piccolo lo avevano tenuto sulle ginocchia, ne ha voluto tramandare i nomi e la memoria. A lui e all’altro mio amico Pompilio, dedico questa puntata di “Passato prossimo”.