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Quando non si vede con il cuore, piccolo viaggio nel mondo della cecità

Approfondiamo la tematica con Giulia Bertozzi, dell’Unione Italiana Ciechi

 

di Fernanda De Nitto

 

Conoscere il mondo della cecità ed approfondire nel concreto ciò che la quotidianità rende una persona non vedente quasi isolata dal mondo, sia per ragioni personali, che per una società non abituata a rapportarsi con chi chiede solo un pò di normalità e socialità. Per approfondire tale tematica sentiamo dalla diretta voce di Giulia Bertozzi, dell’Unione Italiana Ciechi, ciò che sarebbe necessario ed importante per tutti coloro che, nonostante numerose avversità, non smettono mai di lottare.

 

 

 

Giulia, ad oggi come riesce una persona non vedente a rapportarsi nella società moderna, decisamente giudicante, che richiede la perfezione dell’essere umano?

“Si pensa alle persone cieche come a coloro che nell’immaginario sono mal vestiti e poco curati, proprio perché non riuscendo a vedere non possono prendersi cura della propria immagine. Tutto ciò è totalmente errato, dato che anche un non vedente, se motivato, tiene particolarmente ad apparire agli altri sempre ordinato e ben curato. E’ pur vero che la mancanza totale o parziale della vista, sia se avviene dalla nascita o ad una certa età, è un avvenimento che stravolge la vita; è la peggiore condizione in cui può vivere un uomo. Tantissimi istituti altamente qualificati, offrono opportunità per una vita nuova, dove si possono superare ostacoli dapprima impensabili, imparando cose nuove e stimolanti, al fine di riprendere, almeno in parte, la propria autonomia. Tutto ciò però per farlo bisogna volerlo profondamente ed essere spronati anche dai propri familiari, che invece, in alcuni casi, tendono, per egoistico desiderio di protezione, a preferire una vita quasi di clausura, onde evitare pericoli e ostacoli. Tali istituti, attraverso dei corsi di rieducazione e degli applicativi informatici molto utili ed efficienti, ti consentono di imparare a cucinare, di scegliere i vestiti da indossare in base al modello e al colore, di uscire di casa ed affrontare la quotidianità di una vita senza vista”.

 

 

 

Nell’effettivo su Fiumicino quali dati emergono rispetto alle persone non vedenti e quali le difficoltà più evidenti?

 

“Nel Comune di Fiumicino, secondo le stime dell’OMS, sono circa trecento i disabili visivi. Molti di essi sono giovani che frequentano le scuole e sono piuttosto integrati nella comunità. Tutt’altra situazione è quella che vivono gli anziani che molto spesso sono invisibili nella città, perché preferiscono non uscire mai di casa. Infatti, circa l’80% dei ciechi o ipovedenti anziani, divenuti non vedenti per malattie o incidenti, non hanno voglia di impegnarsi, preferendo rimanere davanti ad un televisore acceso che con le sue voci gli tiene compagnia. L’antidoto migliore contro la solitudine e l’isolamento è, invece, costituito dalla comunità, da chi attraverso gli stessi problemi, è disposto ad ascoltare, consigliare e sostenere. Come Unione Italiana Ciechi su Fiumicino abbiamo provato ad organizzare degli incontri presso un bar-bistrot del territorio, che gentilmente ci ha fornito degli spazi, dove tante persone hanno avuto occasione di confrontarsi e soprattutto non sentirsi soli e abbandonati, anche solo per informazioni su come programmare un cellulare o attivare il servizio telebus. Poi siamo stati anche presso il Comune di Fiumicino, ma la sala non ha purtroppo quell’acustica consona per creare dei gruppi di ascolto. La vita presso la nostra città non è certamente del tutto agevole con barriere architettoniche evidenti anche negli edifici pubblici o con la mancanza di cartellonistica appropriata per indicare gli orari dei mezzi di trasporto. Ci auguriamo, pertanto, che l’Amministrazione si dimostri maggiormente sensibile nei confronti delle persone cieche e ipovedenti, incentivando un dialogo costruttivo e propositivo”.

 

 

 

A livello nazionale, quali le informazioni che emergono, anche da parte dell’OMS, riguardo le persone cieche o ipovedenti?

 

“Grazie anche alla collaborazione del Sant’Alessio – Margherita di Savoia, storica istituzione che realizza attività volte all’autonomia e all’inclusione sociale dei ciechi e degli ipovedenti, attraverso interventi abilitativi e ri-abilitativi in tutta la regione Lazio, decine di persone sono tornate a vivere, seppur nella consapevolezza dei propri timori, nella comunità, ritrovando la forza per uscire di casa e non sentirsi veramente nel buio più totale. Di difficoltà ce ne sono ancora molte da superare; penso ad esempio al fatto che negli istituti non si insegna più la musica, perché nella maggior parte dei casi non vi sono professori che conoscono il braille, seppur, soprattutto tra i bambini vi sono dei talenti eccezionali, che non hanno possibilità per esprimere le loro potenzialità”.

 

 

 

Recentemente è stata pubblicata una petizione che riguarda la possibilità di esprimere, anche per le persone non vedenti, il voto in totale segretezza. Cosa richiede nello specifico tale petizione?

 

“L’art. 48 della Costituzione Italiana stabilisce che il voto sia libero e segreto per tutti. Ciò però non è possibile per le persone prive di vista che devono essere accompagnate dentro il seggio da qualcuno che per loro esprima la propria preferenza, fidandosi totalmente di questa persona. Oggi le nuove tecnologie permettono il voto digitale, come già avviene in molti paesi, come l’Estonia e gli Stati Uniti. Attraverso la petizione si richiede al Parlamento di introdurre anche in Italia la possibilità di votare in modo digitale, permettendo al nostro paese di fare un grande passo avanti in termini di agibilità democratica. Per aderire alla petizione vi saranno diverse iniziative di sensibilizzazione ed anche la pubblicazione sulla piattaforma change.org. Poi al fine di conoscere ed approfondire la realtà della disabilità si invitano tutti a partecipare al ‘Disability Pride’ previsto per il 21 settembre a Roma, in Piazza del Popolo, come occasione per rapportarsi con mondi apparentemente tanto lontani eppure così prossimi da avvicinarsi”.

 

 

 

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