
L’evento si è tenuto nell’aula consiliare del Comune di Fiumicino
di Fernanda De Nitto
E’ stato presentato, presso l’aula consiliare del Comune di Fiumicino, il libro dello scrittore Giorgio M. Ghezzi “Quell’estate del 1980”, pubblicato con la società editrice “Il Ponte Vecchio” nella collana Camel.
All’evento, patrocinato dall’Amministrazione Comunale di Fiumicino, erano presenti, oltre l’autore: il Sindaco Mario Baccini, il Presidente del Consiglio Comunale Roberto Severini, l’Assessore alla Cultura Federica Poggio, l’Assessore alle Attività Produttive Raffaello Biselli, insieme con l’ex senatore William De Vecchis.
Il libro racconta la storia di un uomo affermato, autorevole militante socialista, ben voluto dal paese, accolto nel cuore della Romagna, dove però gli eventi della storia, da Ustica alla bomba della stazione di Bologna, insieme con un ospite inatteso, cambieranno per sempre la sua vita. A raccontarci del suo impegno letterario e del volume recentemente pubblicato l’autore Giorgio M. Ghezzi, che ci ha rilasciato questa intervista.
Ghezzi, esperto nei processi di apprendimento e sviluppo degli adulti, è già autore di saggi e opere di narrativa fra cui “Simulando s’impara” e “No, non abbiamo figli. L’amore ai tempi dell’infertilità”. Da dove nasce il suo interesse e la sua passione per la scrittura?
“Da bambino facevo i compiti con mia nonna che era preside di un liceo classico. Lei mi ha insegnato a scrivere ed interessarmi alla letteratura. Poi durante il periodo universitario lavoravo come correttore di bozze e pubblicista. La mia storia professionale si è poi dedicata prevalentemente alla formazione manageriale. Però nel 2019 ho sentito il bisogno di scrivere la mia prima opera letteraria, un’autobiografia sull’infertilità di coppia che ha avuto da subito una discreta risonanza, probabilmente per il fatto che sia stato un uomo ad affrontare tale tematica, senza trattare l’argomento attraverso la divulgazione scientifica, bensì con la diretta esperienza familiare. E poi è nata questa nuova avventura letteraria di ‘Quell’estate del 1980’ ”.
Nel libro per raccontare i tragici avvenimenti storici degli anni ’80 lei descrive tutto attraverso la visione pragmatica di un adulto e quella quasi incosciente di un bambino. Quanto il loro pensiero si avvicina e in che modo?
“Attraverso una forma narrativa che vede alternare le lettere e i diari dello zio con il racconto in prima persona del nipote si propone una visione diversificata degli accadimenti storici e personali dei due protagonisti. Il bambino con il dipanarsi della storia, nella tragicità degli eventi, impara a conoscere il mondo degli adulti, affacciandosi alla vita in un’estate drammaticamente infuocata. Anche lo zio nello scorrere degli avvenimenti dovrà fare i conti con la sua età e con una crisi personale, familiare e professionale. Proprio le notizie di cronaca avvicineranno i due protagonisti, che insieme osserveranno, faticando a comprenderli ed accettarli, la crudeltà delle cronache. Un punto di incontro tra due generazioni apparentemente troppo diverse tra di loro. Il gioco di ascoltare le foglie e i rumori del giardino sarà per loro il modo più potente per stare insieme, trovando nel silenzio il punto di svolta”.
A livello storico cosa deve aspettarsi il lettore rispetto, ad esempio, le stragi di Bologna o di Ustica? Quanto questo volume può essere considerato un romanzo storico?
“La narrazione si svolge in pochi mesi e per raccontare gli episodi di cronaca mi sono documentato sui quotidiani dell’epoca, in particolare il Corriere e l’Avanti, essendo il protagonista un militante socialista. Gli articoli del tempo narravano di un clima di incertezza, che in parte abbiamo ancora oggi. In quel periodo storico la cronaca dei telegiornali raccontava degli omicidi di Piersanti Mattarella e del giudice Amato, insieme con Bologna e Ustica, in uno scorrere della vita quasi incurante per me bambino di dieci anni all’epoca dei fatti. E nel libro ho voluto proprio ricostruire cosa significasse vivere quei giorni”.
Nel vivere il quotidiano i protagonisti raccontano anche la cultura e la vita degli anni ’80. In particolare quali le digressioni nostalgiche sono state narrate e quanto c’è di personale in tutto ciò?
“Del 1980 si ricorda il clima sociale, le innumerevoli manifestazioni culturali, le piazze gremite e le folle impegnate. Nel libro ho narrato dei jingle della pubblicità riconoscibili ancora oggi, delle canzoni di Loredana Bertè o del cartone animato di Pinocchio, come fosse un’urgenza emotiva personale in grado di proporre un ancoraggio nostalgico per le diverse generazioni che hanno vissuto e ricordano quel periodo”.
Per concludere questa intervista le propongo una domanda più personale, chiedendole quanto secondo lei gli anni ’80 si discostano dalla modernità dei nostri giorni?
“Noi bambini degli anni ’80 vivevamo quasi in una sorta di bolla, tutelati dal clima di violenza e tensione che c’era in tutta Italia. Io ero a Milano e ricordo di aver associato la morte del giornalista Walter Tobagi semplicemente con la mancata lezione di pianoforte. Ma il mondo degli adulti si caratterizzava per ideologie forti sia nel bene che nel male. Oggi invece assistiamo, quasi impotenti, alla crisi di tutte le ideologie e dei pensieri forti”.