L’8 maggio di 41 anni fa veniva pubblicato “Let it Be”, ultimo album della discografia ufficiale dei Beatles, pubblicato dopo la decisione di McCartney di abbandonare il gruppo annunciata in gennaio e in vista della pubblicazione del sesto, e forse più importante, anche dal punto di vista commerciale, album solista di Lennon “Imagine”.
Questo album non fu forse il migliore della band di Liverpool, in particolare dal punto di vista dell'”evoluzione sonora”, tuttavia possiede un qualcosa di speciale per chi, beatlesiano o no , crede che nonostante tutto, con quelle registrazioni tutte suonate dal vivo, abbiano voluto mettere tutta un’intera carriera in discussione, tornando alle origini, come se non fossero passati dodici album, milioni di dischi venduti e migliaia di chilometri percorsi in lungo ed in largo per il Mondo. Una storia iniziata quattordici anni prima tra i sedili della chiesa di St. Peter a Liverpool e terminata tra avvocati e aule di tribunale; fortunatamente più forte dei comunicati stampa degli avvocati ci sono le dolci note emesse dai tasti di un pianoforte Blüthner Flügel suonato da Paul McCartney in “Let it Be”, che all’album dà il nome, più forte dei rintocchi dei martelli dei giudici inglesi c’è il rock duro di “The One After 909” e la batteria di Ringo Starr nel rock a sfondo sociale di “Get Back”, dodicesima e ultima traccia. Ogni traccia di questo album sembra abbracciare un pezzo di storia del gruppo ed esprimere la poliedricità dei Fab Four, c’è il suono dolce e delicato della ballata in puro stile McCartney “The Long and Winding Road”, il cui arrangiamento secondo voci maligne fu la causa dello scioglimento del gruppo; ci sono i frutti della meditazione trascendentale di Lennon in “Across the Universe” che grida quel “Nothing’s gonna change my world” che fece epoca e c’è il valzer di “I Me Mine”; c’è la jam session dalla quale nacque il quinto pezzo “Dig It” e c’è lo “stornello” marinaresco “Maggie Me”, che ci catapulta in un’immaginaria passeggiata per il porto di Liverpool tra bettole, pub e marinai dalle storie accattivanti; c’è “I’ve Got a Feeling”, scritto a quattro mani da Lennon e McCartney e rappresentante l’ultimo brano nato dalla collaborazione tra questi due grandi artisti del ‘900 e c’è il blues semplice e puro di “For You Blue” che sembra provenire dai campi di cotone del Mississipi ed il ritorno alle origini di band rock’n’roll con “Two of Us” e “Dig a Pony” che di questo album sono le tracce d’apertura. Questo album dunque, nato dall’amore per le esibizione dal vivo, consegnano al giudizio della storia un gruppo che nella Storia c’è entrato dalla porta principale.
Tony Marino