Ci fu un tempo in cui gli intellettuali Italiani avevano la possibilità di contribuire in molti campi dell’attualità contemporanea. Personaggi come Fortini, Calvino, Soldati, Flaiano e Pasolini
ebbero persino la possibilità di cimentarsi in questioni musicali , nonché di scrivere canzoni e testi di canzoni per grandi interpreti. Ad esempio non tutti sanno che Pier Paolo Pasolini oltre ad essere stato un importante scrittore di saggi, romanzi e poesie, è l’autore (insieme al compositore Piero Umiliani) del “Valzer della toppa”, interpretata magnificamente dalla superba Gabriella Ferri in un sapiente miscuglio di note e recitazione. La canzone, scritta in dialetto romanesco, faceva parte originariamente del repertorio di uno spettacolo di teatro-cabaret, “Giro a vuoto”, portato in scena all’inizio degli anni Sessanta da Laura Betti; il testo racconta la storia di una prostituta di Testaccio, quartiere popolare di Roma, che una sera si ubriaca talmente tanto (Toppa sta per sbornia) da convincersi di essere tornata vergine:
Me so’ fatta un quartino
m’ha dato a la testa
ammazza che toppa
a Nina, a Roscetta, a Modesta,
lassateme qua!
Per la donna il vino diventa il mezzo con il quale fuggire dalla sua condizione miserevole, ossia la chiave di lettura di una nuova realtà che la rende felice, infatti l’ultima strofa della canzone recita “Me sò presa ‘na toppa, ma so felice!”. Ovviamente è un’ evasione in una realtà immaginaria e fittizia, ma quello che la donna vede è il nuovo ambiente in cui ritrovare e recuperare se stessa, è “un’altra città” (per citare ancora il testo), città che diventa simbolo del suo “io” interiore, come a dire è “il giorno di un’altra me stessa”:
Mamma mia che luci
che vedo qua attorno
Le vie de Testaccio
me pareno come de giorno
de n’arta città!
Invece, la riacquistata verginità rappresenta la rinascita e la purezza nella contraddizione di una sbornia: l’ ossimoro poetico che Pasolini mette in evidenza è il corto circuito esistenziale che si ritrova a vivere la povera prostituta, in quanto, tramite l’alterazione dei sensi, essa modifica la sua penosa condizione proiettando la sua felicità in una realtà che non esiste: il Nulla in cambio del Nulla.
Me sento tornata a esse un fiore
De verginità !
Ci sarebbe molto ancora da dire su questo testo e sul suo rapporto con il 3/8 del tempo di Valzer, ma ci fermiamo ricordando che Pasolini scrisse le parole di questa canzone anche per il piacere di utilizzare alcuni termini dialettali come “anvedi” o “me possi ceccamme” , i quali – come lui stesso raccontò – esercitavano su di lui un notevole fascino e una forte carica poetica: cose d’altri tempi..
Emanuele De Chiara