Potrebbe non essere un dato oggettivo, ma a differenza di altre località, il Comune di Fiumicino nella sua interezza, pingue di musica e musicisti.
Esiste infatti un sostrato di giovani che nel fare o creare musica, i termini sono lontani se si pensa alle mille sfumature che possono esserci tra un gruppo Cover Band o un gruppo di musica originale, ne fa motivo di ritrovo, riversando in essa gran parte del suo tempo e delle sue aspirazioni. Sommariamente sono giovani che tra i 15 e 18 anni scoprono questo fantastico mondo, e che spesso con i soldi dei “lavoretti estivi”, si procurano gli strumenti; basso, batteria, chitarra ed altro ancora e, una volta imparato a suonare discretamente, allestiscono l’ambita band con cui suonare in cantina a scapito dei poveri vicini di casa. Qualcuno di loro smetterà di suonare scontrandosi col mondo del lavoro, altri continueranno per hobby, altri invece proveranno a far diventare la musica una professione, studiando e impegnandosi.
Comunque, dopo qualche anno di fatica e di calli sulle dita, tutti i gruppi formatosi sentono l’esigenza di mettere la testa fuori casa per esibirsi davanti al pubblico famelico di musica, pensano. Spesso però il famelico pubblico è sazio di altro, o ha gusti totalmente lontani dalla cultura dell’esibizione live, dal vivo, soprattutto di gruppi emergenti.
Proprio questo è uno dei più noti problemi del mondo della musica in Italia, che si ripercuote maggiormente verso le band temerarie che cominciano a produrre musica originale, inedita, mai sentita.
Lasciando da parte le formazioni alle prime armi che devono necessariamente farsi le ossa nelle cantine a suon di prove, esistono ragazzi nella fascia di età che va dai 20 ai 30 anni che sono abbastanza maturi per affrontare il palco, ma che non trovano spazi idonei per farsi sentire, è il caso di dirlo, ma soprattutto non trovano un pubblico aperto a nuove sonorità.
Così anche a Fiumicino i musicisti sentono il peso di un problema tutto nostrano, e cercano di emigrare, musicalmente, nella grande città appena più accogliente. Nel nostro comune infatti è difficile trovare un locale che faccia fare musica live, come è difficile, in estate trovare “musica suonata” senza imbattersi nel classico tipo da pianobar. Certo, ci sono eventi pubblici organizzati che ospitano gruppi musicali, ma ogni anno sembrano ripetersi le stesse esibizioni, gli stessi personaggi, che comunque, è bene sottolinearlo, riscuotono notevole successo.
Ecco allora che il cerchio si chiude, perché diventa ovvio non creare spazi e situazioni per giovani musicisti se l’adesione del pubblico è nulla; diventa come la storia del cane che si morde la coda, non c’è pubblico perche non ci sono spazi, non ci sono spazi perché non c’è pubblico.
Il vero problema è come al solito culturale; il pubblico giovane è abituato alle gloriose pop-star, le quali vengono parzialmente imposte dalle grandi industrie musicali che eclissano, al pubblico di massa, i migliaia di gruppi esistenti, e qui si entrerebbe nel discorso radiofonico che non affronto in questa sede, è ovvio allora che si crei poca elasticità per le novità che non rientrano sotto l’ala delle grandi major, le quali però, molto spesso, sono proprio le stesse che hanno le mani anche nelle piccole etichette che producono musica alternativa. Inoltre i giovani preferiscono di gran lunga ballare in una discoteca che propone le hit dell’estate, “qualunque estate!”, piuttosto che gustarsi un concerto live.
Il discorso è evidentemente molto complesso e racchiude in se moltissime altre problematiche che riguardano il mondo della musica, la quale si affaccia al grande pubblico nella sua parte finale e completa, nascondendo tutto il mondo di professionisti che le ruota intorno, musicisti, turnisti, produttori, fonici, tecnici del suono, saggisti, giornalisti ecc.
Comunque, nel caso di Fiumicino, forse basterebbe innescare un circolo di valorizzazione della musica e dei musicisti a cominciare da quelli del territorio, ad esempio invitando le amministrazioni a reclutare gli innumerevoli gruppi fiumicinensi a suonare per il proprio comune, magari istituendo dei bandi come si fanno per altre cose; oppure organizzando dei festival seri, come quelli dell’Umbria Jazz Festival che ogni anno attira migliaia di persone anche dall’estero smaniosi di ascoltare i veri e grandi artisti internazionali, stimolando l’economia del territorio.
Forse dovremmo solo cercare di capire che la musica può essere un mestiere per tante persone e una risorsa anche imprenditoriale per il luogo che la ospita, e non solamente un mero intrattenimento fine a se stesso.
Emanuele De Chiara