Un patrimonio storico da trasmetterlo alle generazioni future come esempio di coraggio e sacrificio
70 anni. Un compleanno importante quello della Federazione Italiana Volontari della Libertà, la federazione di partigiani di area cattolica e autonoma nata dalla scissione del 9 dicembre 1947 dall’Anpi, per ragioni legate al credo politico e alla fedeltà all’URSS.
70 anni di memoria, di antifascismo e amore per la libertà. Un patrimonio storico da custodire gelosamente, per trasmetterlo alle generazioni future come esempio di coraggio e sacrificio.
Tutto comincia nel marzo del 1947, quando l’ex partigiano Enrico Mattei (futuro Presidente dell’Eni) crea, all’interno dell’Anpi, l’Associazione partigiani cristiani (Apc), manifestando così il suo dissenso verso la linea fortemente filo-russa dei dirigenti della principale e unica associazione partigiana d’Italia. Ma lo scisma vero e proprio avviene qualche mese dopo, durante il primo congresso nazionale dell’Anpi, svolto a Roma dal 6 al 9 dicembre. Fu in quell’occasione che le fratture ideologiche tra le varie organizzazioni che avevano combattuto la guerra di liberazione risultarono insanabili, provocando la fuoriuscita dall’Anpi dei gruppi di area cattolica, autonoma e azionista. 22 associazioni, ciascuna con la sua storia, i suoi morti e le sue battaglie, si unirono allora nella FIVL, che ne conta oggi 28.
Tanti i nomi noti dell’epoca che fecero parte dei primi consigli direttivi. Oltre al già citato Mattei (che fu anche presidente), ricordiamo il gen. Raffaele Cadorna, Paolo Emilio Taviani, Enrico Martini “Mauri”, Eugenio Cefis e molti altri.
La FIVL si caratterizza fin da subito come punto di riferimento per quelle associazioni partigiane che non si riconoscevano nei valori esaltati dalle formazioni garibaldine in genere, ma anche dagli azionisti (che nel 1949 si riunirono sotto la sigla FIAP – Federazione Italiana delle Associazioni Partigiane). I valori guida della FIVL erano il cattolicesimo democratico, l’antifascismo e, in alcuni casi, la fedeltà alla monarchia.
Le formazioni partigiane che confluirono nella FIVL, durante la guerra venivano considerate “autonome” – slegate cioè da vincoli di fedeltà ideologica o partitica e con un’organizzazione prettamente militare – o, in senso dispregiativo da parte dei soldati della RSI e dei garibaldini, “badogliane”, con riferimento alla loro supposta fedeltà al governo di Brindisi sorto dopo l’8 settembre 1943.
Il termine con cui alcune di queste associazioni si distinguevano durante la guerra, tuttavia, faceva riferimento al colore del fazzoletto che gli appartenenti portavano legato al collo: “Azzurri” oppure “Verdi”. Altri, semplicemente, non avevano colore. Che venissero chiamati partigiani, ribelli, banditi, non faceva differenza. Quello che importava era combattere il nazi-fascismo e, come nel caso delle formazioni operanti nel Nord-Est (esemplare – a riguardo – la vicenda della brigata friulana Osoppo e dell’eccidio di Porzus), contenere la spinta comunista dei partigiani di Tito.
1948-2018. Settant’anni da celebrare, affinché la memoria non vada dispersa.
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