Grazie per la magnifica lezione di vita che ci avete dato!
Quest’anno, come sempre, sono tornata al mare con ritardo. Non avevo voglia di riprendere le abitudini degli scorsi anni. Gli amici aspettavano ma io non mi decidevo.
Poi, finalmente, un bel giorno mi sono alzata di buona lena e sono andata. Ho rispolverato i vecchi ricordi. Ho ritrovato gli stessi volti. Gli stessi bambini cresciuti di un anno, le medesime mamme più o meno ingrassate o dimagrite.
Il mare, forse, più pulito degli altri anni. I primi giorni arrivava verso le nove e trenta la chiazza di liquami. Che brutti da vedere!. Più facili da schivare, almeno per chi lo volesse.
Io osservavo quel che succedeva intorno a me mentre il sole sfiorava la mia pelle ancora latticina.
Il solito “andirivieni” di venditori. Costumi, collane, bandane, cappelli, pannocchie, pareo.
Ecco un bel giorno vedere, “finalmente” qualcosa di nuovo. Delle persone con in mano un cesto coperto da un velo. “Che ci sarà mai dentro?” mi sono chiesta.
Poi ho sentito: “Ciambelle, ciambelle calde”. Perfetta l’organizzazione. Una persona con un seggiolino apribile, un’altra con una borsetta che fa da cassiera, un’altra ancora depone il cestino sul seggiolino.
Le persone comprano, pagano. E’ bello per me osservare “l’ingegno umano” al lavoro. Non potevo non ammirare l’industriosità di chi vuol lavorare e realizzare qualcosa nella vita.
Mi sono complimentata con loro. Ho gratificato la loro attività ed il lavoro che si sono inventati.
Hanno dimostrato a tutti noi come si fa a sbracciarsi le maniche e svolgere un’attività dignitosa che procurerà beneficio alla famiglia.
Nel complimentarmi ho detto loro che prima o poi avrei assaggiato le loro ciambelle. Proprio oggi l’ho fatto.
Ho apprezzato ancora una volta il loro operato.
Ho chiesto loro se potevo scrivere quest’articolo. Mi hanno detto di si. Lo sto facendo con molta passione perché ritengo, da sempre, che chi vuole può procurarsi il pane, in tempi così difficili visto che stiamo vivendo, tutti, nessuno escluso, una tremenda crisi non solo economica ma soprattutto esistenziale.
L’idea è nata dalla suocera: “Ragazzi, sappiamo fare assai bene le ciambelle perché non diamo vita ad una vera e propria attività?”
Figli e nuore o nuore e figli si guardano in faccia e si dicono fra loro:“Ecco l’imput di cui avevamo bisogno!!”. “E se rivendessimo il prodotto sulle spiagge?” dicono tutti in coro.
“No, io non posso farlo, non me la sento. Mi vergognerei troppo!!!” dice qualcuno di loro. Qualcuno più spavaldo si riprende dicendo: “Non facciamo niente di male”. “Il pane è pane”. “Dobbiamo portare avanti le nostre famiglie”.
Adesso la squadra è al completo. Si può finalmente partire. Ognuno farà quel che può, secondo le sue capacità. L’unione fa la forza. Mariti, moglie, figli. Già ci sono i figli da accudire. Ciascuno farà quel che può.
La macchina si è messa in moto. Ci sarà un bel da fare. Con molta umiltà si dà inizio al lavoro. Il primo giorno, quasi con voce sommessa e dimessa:“Ciambelle! Ciambelle calde! Le abbiamo fatte noi!!!”.
E’ bello vederli all’opera. La mattina passano con i loro costumi, i loro cappelli, il loro entusiasmo per la vita, per il lavoro, per la famiglia, per i figli.
Io faccio il tipo per loro e lo dichiaro apertamente sulla spiaggia. Ho assaggiato la loro ciambella. L’ho fatta mettere nella bustina di carta. L’ho assaggiata dopo il bagno. Era ancora tiepida.
La loro voglia di fare racconta già una bella storia di quotidianità. Chi ama lavorare lavora in un modo o nell’altro. Chi non ama lavorare poltrisce in casa, al bar o dietro una macchinetta da gioco.
Grazie per la magnifica lezione di vita che ci avete dato!
Mariapina
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