
L’anca è un’articolazione sferica di elevata complessità biomeccanica, che connette il tronco agli arti inferiori in prossimità del bacino. Fondamentale per la mobilità, è suscettibile a diverse patologie, spesso causa di dolori persistenti e di una progressiva riduzione della funzionalità.
Quando la degenerazione articolare raggiunge uno stadio avanzato, può essere però necessario sottoporsi a un intervento di protesi all’anca: è quindi fondamentale distinguere le condizioni trattabili con una terapia conservativa da quelle che, invece, richiedono la valutazione di un ortopedico dell’anca, per determinare l’eventuale necessità di un approccio di tipo chirurgico.
Protesi all’anca: quando è necessario l’intervento chirurgico?
Le patologie dell’anca sono degenerazioni che colpiscono in modo diverso la funzionalità dell’articolazione. La più comune è l’artrosi – o coxartrosi – che provoca un assottigliamento dello strato di cartilagine, determinando nel tempo lo sfregamento delle superfici ossee.
I problemi all’anca possono derivare anche da patologie congenite o essere conseguenza di traumi, come la frattura del collo del femore, che comporta la rottura delle strutture articolari, causando dolore e impossibilità alla deambulazione.
Inizialmente il trattamento per il dolore all’anca prevede una terapia conservativa, che si espleta con un cambiamento nello stile di vita, sedute di fisioterapia, supporti alla deambulazione e l’eventuale assunzione di analgesici o antinfiammatori.
Quando però tali soluzioni risultano insufficienti nel trattamento del dolore e nel miglioramento nella qualità del movimento, l’unica opzione resta l’intervento, che prevede la sostituzione dell’articolazione artrosica con una protesi di tipo artificiale.
L’intervento di protesi all’anca
I numerosi progressi in campo tecnologico hanno permesso agli interventi all’anca di compiere importanti passi in avanti. Rivolgersi a un ortopedico specializzato nelle patologie dell’anca permette di beneficiare di trattamenti innovativi, con una riduzione completa del dolore e il recupero veloce della funzionalità.
A questo proposito, nel caso di necessità di protesi anca a Roma, si ha la possibilità di rivolgersi a professionisti esperti e aggiornati, come per esempio il Dr. Daniele Caviglia, che combinano l’utilizzo di tecniche chirurgiche all’avanguardia con un percorso di recupero efficace e personalizzato.
È essenziale infatti sottolineare l’importanza di una stretta sinergia tra l’intervento e la fase post-operatoria, entrambi fondamentali nel miglioramento dei tempi di recupero e della qualità complessiva del risultato.
Naturalmente, gli interventi di protesizzazione dell’anca variano in base all’invasività e agli elementi da sostituire. La scelta, eseguita dall’ortopedico dell’anca, dipende dal paziente – dalla sua età e dallo stile di vita – e dalla tipologia di danno riportato, risultante dalla valutazione ortopedica e dagli esiti degli esami clinici effettuati.
Come funziona la protesi all’anca mini-invasiva
Gli interventi di protesi all’anca oggi si svolgono spesso con tecniche di chirurgia mini-invasiva, un’evoluzione significativa della procedura tradizionale, impiegata per la qualità dei risultati e l’approccio altamente innovativo.
La protesi anca mininvasiva, in particolare, permette di eseguire l’intervento tramite incisioni di dimensioni ridotte – con accesso sia anteriore sia posteriore – minimizzando la perdita ematica e il trauma a carico di muscoli e tessuti.
L’approccio mini-invasivo, di conseguenza, riduce le probabilità che si verifichino complicanze intra e post-operatorie, inclusa la necessità di dover ricorrere a eventuali trasfusioni di sangue.
Inoltre, riduce la sensazione di dolore e favorisce un recupero funzionale estremamente rapido: le evidenze mostrano che i pazienti sottoposti a un’operazione di questo tipo, con il supporto di un fisioterapista, possono compiere i primi movimenti già a distanza di poche ore dall’intervento.
Il percorso riabilitativo, sempre di tipo personalizzato, permette di recuperare la tonicità muscolare, grazie a un graduale allenamento dei muscoli pelvici e femorali. Il ritorno alla deambulazione avviene in tempi relativamente brevi, inizialmente con l’ausilio di stampelle, che nella maggior parte dei casi possono essere dismesse anche nel giro di quattro settimane.
Un intervento mini-invasivo, dunque, garantisce una degenza post-operatoria limitata e un rapido recupero della piena autonomia, che si traducono in un ritorno alle attività quotidiane più veloce, rispetto a quanto possibile con un intervento di tipo tradizionale.